La scorsa settimana sono stata ad un incontro per i genitori dei bambini che frequentano l’Hort, nome bizzarro che da queste parti indica le attività di pre e dopo scuola, nonché di fornitura dei pasti, che non vengono erogate direttamente dagli istituti scolastici, bensì da organizzazioni appositamente a ciò dedicate, pur se facenti sempre capo alla Città di Zurigo.
Le educatrici hanno invitato i genitori a evidenziare le proprie richieste in termini di chiarimenti sull’attività educativa proposta a 360°C, compresi dubbi, curiosità, timori, priorità sul tempo che i propri bambini trascorrono in quella sede. Tra i punti più frequentemente emersi nel corso della discussione, oltre al ruolo che rivestono una sana alimentazione e la gestione dei rapporti dei bambini tra di loro e con il personale educatore (conflitti, rispetto reciproco, ecc.), risultava evidente il focus sulla possibilità di trascorrere un arco di tempo sufficiente in attività all’aperto. Diversi genitori hanno espresso, infatti, la grande priorità che per loro riveste la possibilità che i propri figli avessero tempo sufficiente per stare fuori, così che potessero sempre mantenersi “fit”, sani e in forma.
La cosa non mi ha affatto stupito, visto che in Svizzera una parte fondamentale dell’educazione e della cultura si basa proprio sulla rilevanza delle attività all’aperto nel tempo libero, e ciò vale in primo luogo anche in tutte le scuole, ove i momenti di intervallo vengono trascorsi, indipendentemente dalla stagione e dalle condizioni meteorologiche, in cortile.
Devo dire che, in linea di massima, tra tutti gli argomenti oggetto di discussione, non ho trovato grandissime differenze culturali tra una situazione simile ipotizzabile in un contesto italiano e quello svizzero. In ogni situazione i genitori sono interessati/preoccupati dal fatto che i propri figli si trovino a proprio agio nell’ambiente, che sviluppino buone capacità di relazione tra di loro e con gli educatori e che mangino cibo sano in quantità adeguata. L’aspetto forse meno in linea con la nostra media nazionale sta proprio nelle attività all’aperto, soprattutto considerando la stagione e le condizioni meteo non sempre propriamente confortevoli di questo periodo. Mi sono raffigurata che in situazione analoga a sud delle Alpi ci sarebbe stato qualcuno preoccupato di assicurarsi che i bambini non prendessero freddo, non si bagnassero, e fossero assicurati bene al caldo con le temperature sotto zero di queste settimane.
A me, nonostante l’iniziale shock culturale, ormai la cosa sembra (quasi sempre) perfettamente normale, tanto che mi domando sempre più spesso se sia davvero possibile che in Italia, quando piove o fa freddo, i bambini non escano a fare pausa all’aperto e mi dico che, nel frattempo, qualcosa sarà sicuramente cambiato…